Attenzione Artisti: oltre 1 milione di brani manipolati su siti di streaming come Spotify
I servizi di streaming musicale sono al centro di un’ampia truffa legata ai diritti d’autore? Secondo quanto riportato da Music Business Worldwide (MBW), uno studio condotto da Pex, società specializzata nell’individuazione di frodi nel mondo dello streaming, ha scoperto oltre un milione di brani contraffatti. Si tratta di versioni leggermente alterate di brani popolari a velocità diverse o manipolate in altri modi. Cosa ne sappiamo?
Pex presenta risultati allarmanti per quanto riguarda tracce contraffatte sulle piattaforme di streaming
Immaginate di cercare la vostra canzone preferita, come “Without Me” di Halsey, su Spotify e di riprodurla all’infinito, solo per scoprire che state ascoltando una versione modificata in cui né l’artista né la casa discografica riceveranno alcun compenso! Secondo quanto spiegato da Rasty Turek, CEO di Pex, in una recente intervista a Music Business Worldwide, uno studio condotto dalla sua azienda ha identificato oltre un milione di brani contraffatti su piattaforme di streaming come Spotify, Apple Music e Deezer.
Con oltre 100.000 nuove canzoni caricate ogni giorno e cataloghi che superano i 100 milioni di brani, questo fenomeno è rimasto in gran parte impercettibile fino a poco tempo fa. I truffatori apportano leggere modifiche alla velocità o all’intonazione di brani famosi o li alterano in modo quasi impercettibile, sfuggendo così al rilevamento automatico delle piattaforme di streaming. Nel corso dello studio, Pex ha individuato brani manipolati di artisti di grande fama come Justin Bieber, Coldplay e The Chainsmokers, tutti caricati da profili di artisti diversi e con lievi alterazioni.
Tempi duri per i piccoli artisti: Brani manipolati e limiti per il pagamento delle royalties
Alcuni di questi brani manipolati hanno raggiunto un numero di riproduzioni pari a 25 milioni o più! Ed è triste pensare che nessuna di queste nuove royalties andrà all’artista o all’etichetta discografica che ne detengono i diritti! Con un numero così elevato di questo tipo di brani, è probabile che tra le versioni “falsificate” ci siano anche brani di artisti meno conosciuti. Questo peggiora ancora di più la situazione, specialmente se si considera i recenti cambiamenti apportati da Spotify al suo modello di pagamento, che colpisce in modo significativo gli artisti più piccoli.
Dal 1° gennaio 2024 infatti, Spotify paga le royalties per un brano solo dopo che questo ha raggiunto almeno 1.000 riproduzioni.
In altre parole, affinché gli artisti o i detentori dei diritti guadagnino dei soldi da un brano su Spotify, dovrà essere ascoltato in streaming almeno 1000 volte.
Per quanto riguarda l’origine di questi brani manipolati, Turek spiega che il fenomeno di caricare versioni accelerate, rallentate o con effetti come riverbero ha le sue radici in generi di recente diffusione come il Nightcore. Molti brani popolari vengono manipolati in questo modo per adattarli all’estetica del genere, ma spesso gli artisti originali non vengono accreditati per queste versioni alterate.
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