Sintesi Analogica Virtuale – È più di un semplice VST?
La sintesi analogica virtuale ha una cattiva reputazione, ma ha molto da offrire, anche di più rispetto all’analogico tradizionale. Facciamo un tuffo nella storia dell’AV, analizziamo i suoi punti di forza e cerchiamo di sfatare alcuni miti.
Sintesi analogica virtuale
Il mio rapporto con la sintesi analogica virtuale è probabilmente simile a quello di molti di voi. Purista irriducibile dell’analogico per la maggior parte della mia vita, non avevo tempo per le emulazioni digitali della sintesi sottrattiva quando esistevano già ottimi sintetizzatori “reali”. Ahimè, come mi sbagliavo! Come uno chef che scopre un nuovo tipo di spezia, sono arrivato ad abbracciare l’analogico virtuale. Non solo per le sue possibilità di sintesi, ma anche per il suo suono. E, grazie al ritorno in auge di tutto ciò che è anni ’90, siamo attualmente nel bel mezzo di una rinascita dell’AV.
Questo articolo vuole convertire gli infedeli al verbo dell’AV e insegnare qualcosa anche a chi già si è convertito. Se siete incerti riguardo le sue potenzialità, così come lo ero io, continuate a leggere per scoprire cosa state ignorando. Vi consigliamo alcuni strumenti per convincervi a passare al team AV.
La storia della sintesi analogica virtuale: andiamo al sodo
La storia della sintesi analogica virtuale inizia, ironicamente, con la modellazione fisica. Nel tentativo di ricreare digitalmente gli strumenti fisici e ottenere suoni sempre più realistici, gli ingegneri che hanno progettato questi sintetizzatori sono tornati alla sintesi sottrattiva. Utilizzando la modellazione digitale dei circuiti, originariamente sviluppata per la progettazione di circuiti, sono riusciti a ricreare i tipi di non linearità presenti nei circuiti elettrici.
Il primo sintetizzatore analogico virtuale dedicato è stato il Nord Lead nel 1995. La Clavia coniò il termine “virtual analogue” per questo strumento che presentava una serie di controlli manuali, proprio come i sintetizzatori completamente analogici. Soprattutto, aveva un suono incredibile e dava inizio a una nuova era di sintetizzatori. Questa linea continua ancora oggi, e il Nord Lead A1 è l’ultima incarnazione di questo classico.
Naturalmente, non si può parlare di AV classico senza menzionare il JP-8000 della Roland. Uscito nel 1996, questo sintetizzatore ebbe un’immensa popolarità e la sua Supersaw, formata da tante onde a dente di sega impilate, divenne un suono fondamentale per la musica dance. Sorprendentemente Roland non ha ancora ricreato il JP-8000 in nessuna forma, ma Behringer offre il JT-4000 Micro, un mini synth ispirato al JP-8000.
Altri classici sono i sintetizzatori della Access come la serie Virus e della Novation, il cui Supernova II rimane un punto di riferimento.
Sintesi analogica virtuale: perché scegliere la sintesi virtuale?
È chiaro che l’AV ha una storia consolidata, ma per chi ancora non lo sapesse, cosa lo rende una valida alternativa all’analogico sottrattivo? In una parola: le opzioni. Liberi dalle limitazioni fisiche dei componenti, è possibile aggiungerne altre senza aumentare i costi. Volete più di due o di tre tipi di oscillatori? Nessun problema. Avete bisogno di molti tipi di filtri diversi? Ecco a voi.
Un sintetizzatore AV recente che incarna questo aspetto è il KingKorg Neo della Korg. Con 138 tipi di oscillatori e 18 diversi modelli di filtro, si possono fare molte cose che non sarebbero possibili con l’analogico tradizionale. “Penso che ci siano molti pregiudizi sbagliati riguardo l’AV, e che non tutti gli strumenti AV siano uguali!”. Così ci ha risposto Ibon Martinez Garcia della Korg quando gli abbiamo chiesto dell’AV. “Direi che la bellezza del KingKorg Neo risiede nella sezione filtri e nella capacità di replicare molti suoni iconici, il tutto in un sintetizzatore compatto”.
Altro AV
Questo vale anche per le sorgenti di modulazione. Un altro recente sintetizzatore AV con molte opzioni da poter regolare è il Roland GAIA 2. “Sappiamo che un normale sintetizzatore analogico ha un carattere timbrico unico, ma ci sono limitazioni sulla modulazione del suono dovute ai circuiti analogici”, ha dichiarato il team di sviluppo del GAIA 2. “I circuiti più complicati causano un rumore più elevato e un suono distorto. L’analogico virtuale si basa sull’elaborazione digitale del segnale. Pensiamo che questo porti a un maggior numero di possibilità di sperimentazione per produrre nuovi suoni, dato che possiamo aggiungere nuove modulazioni ed effetti senza perdere in qualità audio”.
Un altro vantaggio dell’analogico virtuale è che, essendo digitale, non si è vincolati a un solo tipo di sintesi. Come nel caso del KingKorg Neo, che oltre agli oscillatori AV presenta anche oscillatori digitali a singolo ciclo d’onda e PCM, e del GAIA 2 con il suo motore wavetable. I sintetizzatori MicroFreak e MiniFreak della Arturia offrono la modellazione analogica come uno dei tanti tipi di sintesi digitale. Combinare gli oscillatori AV con altri stili di sintesi come l’FM è qualcosa che non è possibile ottenere con l’analogico tradizionale.
Sintesi analogica virtuale: un VST in scatola?
Una critica comune ai sintetizzatori analogici virtuali è che sono solo VST in scatola. Ciò implica che in qualche modo non sono strumenti reali o che, essendo digitali, è meglio pagare meno per un software da usare nella DAW. Ci sono molte ragioni per usare un sintetizzatore fisico piuttosto che un soft synth, dalla qualità del suono all’esperienza tattile, fino al semplice gusto personale.
In ogni caso, quasi ogni strumento digitale è solo un computer specializzato con controlli dedicati che esegue un software. Un esempio classico è la potente workstation OASYS della Korg del 2005. Per far funzionare i suoi numerosi motori di sintesi, che includevano l’analogico virtuale, la PCM, il campionamento, la modellazione fisica e il sequenziamento di onde, utilizzava un sistema Linux-based con un processore Pentium 4 da 2,8 GHz e un hard drive da 40 GB. Si può considerare solo un VST in scatola?
Un’azienda che spesso viene criticata per la produzione di “VST in scatola” è la Roland. Con il crossover tra il suo software con tecnologia ZEN-Core e gli strumenti fisici, come nel caso del Jupiter-X, il confine a volte è labile. “Abbiamo già prodotto il motore di sintesi ZEN-Core, i plug-out ACB e le Model Expansion che hanno punti in comune sia con i prodotti hardware che con i plug-in software VST”, ha spiegato Roland quando gli ho posto la domanda. “Ma li abbiamo progettati come prodotti hardware, prima di tutto. Pertanto, il feel al tatto e quando si suonano è stato ottimizzato in modo coerente. Naturalmente dipende dalle richieste dei clienti, ma consigliamo di utilizzare i nostri prodotti hardware per ottenere prestazioni completamente ottimizzate”.
Sintesi AV: sfruttare il suo suono
In ultima istanza, un sintetizzatore andrebbe acquistato perché suona bene. Uno dei primi sintetizzatori analogici virtuali che mi ha davvero impressionato è stato il Jupiter-Xm della Roland, insieme al Juno-X. Suonandoli, ho completamente abbandonato i miei pregiudizi su questa sintesi. Ora sono completamente a favore della sintesi virtuale e mi piacerebbe espandere il mio arsenale AV per includere anche un Cobalt della Modal. Se devi creare un nuovo piatto, vuoi avere a portata di mano tante spezie diverse. Così almeno è come la penso io.
Cosa ne pensi dell’analogico virtuale? Ci sono synth AV di cui non potete fare a meno? Fatecelo sapere nei commenti.
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