GEMA sull’AI: fino al 30% di perdita di ricavi per i produttori entro il 2028
La società di gestione collettiva GEMA, insieme alla sua collega francese SACEM, ha condotto uno studio sul potenziale impatto economico dell’AI. Lo studio GEMA sull’AI giunge a conclusioni allarmanti. I produttori e gli autori di canzoni potrebbero subire una riduzione dei ricavi fino al 30% entro il 2028 a causa dell’AI. Ma anche per quanto riguarda l’utilizzo dell’AI c’è una sorpresa.
GEMA sull’AI: ecco le cifre
Sono stati intervistati ben 15.000 membri, autori ed editori di GEMA e SACEM. A tal fine, è stata condotta un’analisi di mercato e sono state effettuate interviste con 16 esperti del settore. La società di consulenza Goldmedia, con sede a Berlino e specializzata nella consulenza e nella conduzione di studi nel settore dei media, è responsabile dello studio.
Lo studio GEMA sull’AI giunge a una conclusione sconfortante per quanto riguarda le prospettive di produttori e musicisti di fronte alla rapida crescita dell’AI nella musica. Questa crescita, infatti, potrebbe comportare per i membri di GEMA e SACEM una perdita di ricavi fino al 27%, ovvero 2,7 miliardi di euro, entro il 2028.
Molti degli intervistati condividono questa prospettiva. Il 71% vede questo sviluppo come una minaccia economica, al punto che presto non sarà più in grado di vivere del proprio lavoro creativo. Al contrario, si prevede che il mercato globale della musica generativa crescerà dagli attuali 300 milioni di dollari a oltre 3 miliardi nel 2028.
Preoccupazione per il ruolo dell’AI, ma non solo
A fronte del 35%. Questo è il numero di intervistati che già utilizzano l’AI nel loro lavoro. Tra i giovani al di sotto dei 35 anni, la percentuale sale al 51%. È importante distinguere ancora una volta in quale area della produzione musicale viene utilizzata l’AI. È necessario fare una distinzione tra il processo di composizione creativa con l’AI generativa, il processo di produzione, che comprende l’arrangiamento, ma anche il mixaggio e il mastering, e la pubblicazione, dove l’AI può essere utilizzata per scopi di marketing.
Complessivamente, tra gli intervistati che già lavorano con l’AI, il 13% utilizza gli strumenti anche per il lavoro creativo, il 19% per il processo di produzione, il 13% per misure di supporto come il marketing e l’11% per altri casi d’uso. L’utilizzo dell’AI varia notevolmente anche in base al genere degli intervistati.
Nella produzione di musica elettronica, il 54% utilizza già l’AI, seguita direttamente dalla musica urban (= hip hop / soul / RnB) e dalla pubblicità. Non sorprende che i generi acustici come la canzone o la world music siano quelli in cui l’AI viene utilizzata meno frequentemente nel processo di produzione, con una percentuale pari o inferiore al 30%. Risultati entusiasmanti nello studio GEMA sull’AI!
Spetta ai politici! – Cosa dicono gli intervistati dello studio GEMA sull’AI
La società di gestione collettiva GEMA rappresenta gli interessi di ben 90.000 creatori di musica in Germania. La sua controparte francese SACEM conta 210.800 membri. Tuttavia, quando si considerano le preoccupazioni sull’influenza dell’AI nella musica, da un lato, e l’uso ovviamente già diffuso di tecnologie supportate dall’AI nella musica, dall’altro, non si deve dimenticare un punto centrale dello studio GEMA sull’AI.
Un appello urgente ai politici affinché tutelino maggiormente i diritti degli autori. A tutt’oggi non esiste una regolamentazione legale sulle modalità di coinvolgimento finanziario degli autori e dei produttori le cui canzoni sono state utilizzate per l’addestramento dell’AI. Nonostante tutti i problemi che lo streaming musicale su Spotify e simili sta già causando ai musicisti, non c’è ancora una soluzione su come gestire l’ondata di canzoni dell’AI prevista sulle piattaforme musicali.
A titolo di paragone, oggi siamo già a 120.000 canzoni al giorno pubblicate dai DSP (fornitori di servizi digitali come Spotify, Amazon Music, Apple Music, Tidal e Deezer). E con un volume di catalogo di oltre 100 milioni di brani per ogni DSP. E la sola AI Mubert ha già generato altri 100 milioni di brani dalla sua nascita, mentre Boomy ne ha generati altri 18 milioni. Se questi 118 milioni di titoli musicali venissero pubblicati anche su Spotify e simili, si avrebbe una svalutazione ancora più drastica dei titoli esistenti.
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